Una regola di buon senso, valida in ogni ambito, non solo per il calcio, dice che la “memoria è importante”. Nel senso che, ogni tanto, occorre andare un po’ all’indietro, nel passato, uscendo dalla pura cronaca, per cercare di dare alle cose uno spettro di lettura più ampio, così da capire meglio ciò che avviene nel presente. Ricordiamo questa pratica oggi perché, dopo la notizia del rinvio a lunedì della partita col Modena, l’esercizio secondo noi più utile, al di là di sbraitare verso una decisione per cui non si può fare nulla, è rileggere (basta cercare su google) i titoli dei giornali dopo la firma del nuovo protocollo sugli stadi, avvenuta ad inizio agosto.
E’ interessante perché in quella occasione i toni trionfalistici si sprecavano. Giusto per dare l’idea, il coro all’unisono recitava così, declinato ovviamente a più voci ma con lo stessa sicurezza. Mediaset annunciava “Firmato l’accordo tra Federcalcio, Coni, ministri dell’Interno e dello Sport. Il motto: riportare le famiglie allo stadio” mentre Repubblica affermava un “Addio tessera del tifoso, allo stadio tornano le famiglie e i tamburi”, e c’era chi, più ardito, come il Sole24ore, arrivava a chiedersi se “la tessera aveva fallito la sua missione”, sentenziando sicuro che il nuovo protocollo avrebbe “semplificato l’iter per andare allo stadio”. Così come la Gazzetta, che proclamava baldanzosa un “andare allo stadio sarà più facile”. Insomma, una roba da festa nazionale. Detta e letta così pareva infatti l’inizio di una nuova era, una sorta di rivoluzione, anche se poi, ad andare a leggere bene il tutto, si scopriva che la tessera per altri tre anni ci sarebbe stata comunque, che i nomi e il posto fisso rimanevano sul biglietto, che cambiava poco o niente. Che, quindi, era la solita fuffa.
Ma vabbè… Alla fine poi, altrimenti ci si prende sempre dei disfattisti, una piccola speranza ce l’avevamo anche noi. E’ normale, d’altra parte, almeno apprezzare l’impegno, un orizzonte disegnato in un futuro per forza migliore. Anche perché peggio di così era difficile fare. Se non fosse che poi vorresti anche iniziare a vederli, i risultati che seguono queste promesse straordinarie, altrimenti la faccenda comincia a puzzare di propaganda nordcoreana a distanza di chilometri. E forse è proprio così. E non tanto per questo rinvio della partita, ma proprio perchè, a guardare il sistema calcio, è da rimanere allucinati, come quando la memoria la perdi completamente. In questi mesi la direzione in cui si è andata è proprio l’opposta: in Serie A c’è chi spende e spande in barba a qualunque regola del Fair Play finanziario, in B hanno fatto 5 assemblee e non sono stati capaci di eleggere un presidente, in C fino a tre giorni prima dell’inizio sembrava che non si giocasse, e poi ora via con i calendari fantasia. Altro che “più facile andare allo stadio”: qui passa la voglia ancora prima di cominciare.
Detto questo, perché uno si deve pur sfogare se ti piazzano una partita al lunedì pomeriggio e in trasferta non ci puoi andare, è giusto anche dare uno sguardo a come ci arriviamo a questa benedetta partita. Dopo la partita con il Gubbio sembra che il lavoro stia procedendo bene: qualcosa a livello di gioco si comincia a vedere, la “tigna” pare quella giusta, però piano, a un certo punto dagli spalti si è sentito un “Ma cosa xe? El tikitaka?”. In sostanza, qui siamo già all’anticamera dell’entusiasmo, con qualcuno che però non ha perso tempo, si è già stracciato le vesti e ha varcato la soglia. Va bene, ma profilo basso. Ricordiamoci – appunto – da dove arriviamo: di vittorie ne servono (molte) altre.