Finalmente ci siamo arrivati o, almeno, speriamo.
La conferenza stampa di martedì, con l’ufficializzazione della cessione (da completarsi) a Boreas, è lo spartiacque che tutti si aspettavano, fin da quando si è andati a fare l’abbonamento – anche se c’è chi si ostina a pensare il contrario – nella speranza che tutto potesse cambiare. Non una semplice ripartenza, come da slogan di agosto, ma una rivoluzione vera e propria, che possa finalmente mettere fine ad anni bui in cui abbiamo accumulato solo delusioni.
Di questo passaggio, è chiaro, non possiamo che essere contenti, anche se sappiamo che alle parole devono seguire necessariamente dei fatti e non è che le prime mosse ci convincano molto, a dire il vero. Ma non possiamo fare altro e vedremo se nelle prossime settimane quanto promesso si avvererà sul serio.
Nel frattempo, però, possiamo cominciare a farla noi un’altra rivoluzione, che auspichiamo da tempo, e che da un certo punto di vista è quello che ogni tifoso biancorosso ha davvero a cuore.
Ovvero ricominciare a parlare di calcio, di giocatori, di questo inferno di serie C in cui siamo precipitati e da cui dobbiamo tirarci fuori sul campo.
Quindi cominciamo. Non serve un radiologo, per parafrasare Pioppi, per affermare che quanto visto con il Santarcangelo dice chiaramente che l’allenatore, purtroppo, non ha più in mano la squadra.
In primis dal punto di vista mentale: se in Romagna abbiamo preso due gol nel giro di venti minuti vuol dire che i giocatori con la testa sono rimasti negli spogliatoi e che chi doveva prepararli non l’ha fatto. E poi troppe scelte ostinate cominciano a darci davvero troppi dubbi: perché continuare a insistere su giocatori che continuano a fallire opportunità a ripetizione? Per dirne due, pensiamo ad Alimi, completamente ininfluente a centrocampo, e poi Ferrari, ormai soprannominato “nonno” per la svagatezza con la quale passeggia senza mai trovare posizione e pericolosità, rallentando solamente la manovra… Ma ce ne sarebbero pure altri per i quali troppe volte ci si guarda tra tifosi e ci si chiede “ma perche, perché continuare a perseverare?”.
Davvero, a noi dispiace per Colombo, che riteniamo una persona per bene, ma a distanza di quattro mesi da quel raduno cominciato con pochi uomini, l’alibi di essere partiti a rilento non basta più. Questo tempo dovrebbe bastare non tanto per dare un’identità di gioco, bensì per creare un minimo di carattere.
E questo Vicenza il carattere lo tira fuori solo con il contagocce. E’ vero, fuori dal campo la situazione societaria ha influito negativamente, è innegabile, tuttavia in questi casi la bravura di uno staff tecnico la si vede anche dalla capacità di isolare un gruppo, puntando sul proprio lavoro e su aspetti mentali, più che tecnici. Ovvero puntando sugli uomini, più che sui giocatori, facendo leva su valori che a Vicenza non vediamo da troppo tempo, e forse un’altra rivoluzione da fare è proprio questa.
Domenica arriva il Mestre dell’ex Mauro Zironelli, vediamo se almeno questa volta non ci si scorderà la grinta negli spogliatoi…
Articolo precedente
Articolo successivo