Certo a questo non eravamo preparati. Campionati cancellati, né vinti né vincitori, arrivederci all’anno prossimo. Forse. Ma come forse, è così cambiato il mondo?
Eppure sembra proprio di sì. Abbiamo scoperto in breve che la Cina è vicina, non è solo un libro e poi un film sessantottino e, quindi, un modo di dire di un pericolo ritenuto falsamente lontano.
In realtà questo lo sapevamo tutti, solo che non era più di tanto un pericolo, ma una nuova realtà. Ed ora abbiamo una nuova realtà da affrontare, ma non sappiamo come.
Restiamo in ambito sportivo. Partite a porte chiuse? Teniamo per buona la regola antiassembramento: non è certo la grande presenza di pubblico il nostro maggior problema da affrontare. Purtroppo, dico io, ma per una volta va bene così.
Cambieremo qualche abitudine, occupando i gradoni senza sederci stretti anche nelle giornate fredde, quando la vicinanza ti dà un po’ di calore, batteremo le mani più di frequente, anche per gli avversari e non condivideremo l’ombrello, tanto nei paesi anglosassoni da dove il nostro sport trae le origini sono ben poco usati.
Come in Braveheart, film come tutti sanno inspirato all’origine del Sei Nazioni, sarà una splendida giornata, anche se diluvia, se hai un buon (e bel) motivo.
Torneremo ai cappelli, come i nostri nonni, come le foto vecchie di un Menti gremito (non c’era la TV) di persone sotto un cappello d’inverno e d’estate. Io lo porto sempre, ho imparato da mio padre. Le signore e signorine aggiorneranno il guardaroba e non solo con cappelli “da ua”.
Ma al club? Faremo come bar e ristoranti: più spazi esterni, maggior distanza, poca condivisione, torneremo purtroppo alla plastica usa e getta e ognuno metterà maggior educazione nel trattare le cose usate da sé. E via le sigarette e relative cicche e mozziconi, che è un bene per tutti.
Qualcuno con la mascherina avremmo dovuto averlo anche prima, più un bavaglio che una mascherina, ma saremo adesso tutti un po’… Isis!
E in campo? La versione più soft è il rugby al tocco, che meno di così ma sempre contatto è, e ci si alita addosso. E la mischia? Dicono che è solo un modo di riprendere il gioco, ma sono i trequarti che lo pensano, e i piloni sogghignano. Stanno pensando di schierare una volta a pilone l’aletta rompina, quello che si lamenta che non gli arriva mai la palla o pregustano un bel raggruppamento che coinvolga il dieci un po’ sprezzante che dice che a te i piedi servono per portare in giro le scarpe.
Dicono che il rugby è sport di contatto, ma è solo un termine per non spaventare genitori e morose: non è niente di paragonabile a quello che realmente succede in campo dove il contatto minore è quando si placca alle caviglie o fai una francesina. Tutto il resto è un corpo a corpo. Compagni, avversari, touche, mischia, placcaggio, ruck, maul, spingi, sostieni, vicino, più vicino, assieme, bassi, tocco, ingaggio!
E come fai a dire sport di contatto? L’ unico momento di lontananza è quando l’estremo fa un calcio lungo, che se va in touche ricomincia a breve il corpo a corpo, se lo prendi al volo sai che hai circa tre secondi per essere poi “abbracciato”.
Ogni tanto ripenso al vecchio rugby nostro, quando rugby e fango erano sinonimi. Ora dicono rugby e salame, ma noi manco il salame avevamo. Non ne ho nostalgia, troppo è troppo, ma la memoria resta. I palloni erano pochi diventavano in breve le cosiddette “angurie” che andavano dove volevano e di un peso variabile dai due ai dieci chili nel corso della partita. Facevano il paio con le magliette che avevano la stessa variabile di peso. E sempre più marroncine, anche da lavate. I calzettoni che erano falsi, senza piede, solo gambaletto che andavano dopo poco alla “Sivori” (andate in rete se non capite) e finivano poi bucati dai tacchetti perché passavano sotto le suole.
Ci si faceva crescere un po’ di barba ispida per la domenica, in modo da risultare più ostici nei guancia a guancia dei raggruppamenti. Poi, un tocco di classe da parte della prima linea, mangiare bello pesante al sabato sera, aglio abbondante, un paio di grappe subito prima della partita e, alla prima mischia, subito una bella zaffata sugli avversari. La cosa era di sicuro effetto, ma veniva fortemente contestata dal resto degli avanti per un, come si può dire, ecco, un effetto collaterale che seguiva la spinta successiva all’ingaggio. Forse collaterale non è il termine geograficamente corretto, ma non voglio soffocare… la vostra fantasia.
Non preoccupatevi, queste sono vecchie memorie, adesso queste cose non esistono più, i giocatori sono pure depilati, ma siamo sopravvissuti a tutto questo e batteremo anche il virus!
Sport di contatto! Come faremo?
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