Il tennista palermitano, già n. 16 del mondo, ha scelto Massimo Sartori per ripartire
Con il via libera al tennis Marco Cecchinato è tornato ad allenarsi sui campi cittadini del CT Vicenza.
Già, perchè l’ex n. 16 del mondo e n. 1 d’Italia, semifinalista al Roland Garros nel 2018, oggi 113 nella classifica Atp, ha deciso di ripartire da Vicenza e, soprattutto, da Massimo Sartori.
“Sono molto contento di tornare alle origini – esordisce al termine dell’allenamento pomeridiano di martedì – Anche perchè conosco Max ormai da una decina di anni. Mi aveva allenato quando ero diciassettenne a Caldaro e poi l’avevo ritrovato a Bordighera da Piatti. Ecco, credo che sia l’unica persona che riuscirà a riportarmi in alto. Quest’anno l’obiettivo che ci siamo posti è di tornare tra i top 50”.
Il loro rapporto di collaborazione è iniziato ai primi di marzo: qualche settimana di lavoro e, poi, la pausa forzata a causa dell’emergenza Coronavirus: “Sicuramente è stato un periodo un po’ complicato – prosegue il giocatore palermitano classe 1992 – anche considerando il fatto che non sappiamo quando riprenderà la stagione dei tornei. Nel frattempo Massimo mi sta tenendo tanto in campo per rimettere in ordine un po’ tutto: gioco, mentalità, fisico. Per esperienza lui é il numero 1 in Italia e io riesco a capire cosa vuole, come imposta il lavoro, dove vuole arrivare. Come si dice, parliamo la stessa lingua e questo è fondamentale in un percorso di crescita”.
Marco Cecchinato è reduce da un 2019 al di sotto delle aspettative che lo ha fatto scivolare fuori dai primi 100 del mondo: “In realtà l’anno era iniziato molto bene – prosegue con la semifinale di Doha, il successo al torneo di Buenos Aires, il terzo turno al Master 1000 di Montecarlo e un’altra semifinale a Monaco. Purtroppo, però, la seconda parte di stagione, per una serie di motivi, non è stata altrettanto soddisfacente, anzi mi ha visto progressivamente perdere posizioni di classifica ed uscire dai primi 100. Ecco, credo che questo mi servirà per capire dove ho sbagliato e per non rifare gli stessi errori. E la presenza al mio fianco di Max mi aiuterà nei momenti di difficoltà che immancabilmente capitano in un mestiere difficile come il nostro”.
– Si allenerà anche con Andreas Seppi, l’allievo storico di Sartori?
“Con Andreas ho un bellissimo rapporto: ci conosciamo da quando eravamo ragazzi e abbiamo giocato anche il doppio. Mi piace ed è sempre stimolante allenarmi con lui. Vedremo quando rientrerà in Italia dagli Stati Uniti, dove è rimasto bloccato per lo scoppiare della pandemia, se impostare un po’ del lavoro assieme. In ogni caso, per me rappresenta un esempio da seguire per quanto ha fatto nella sua lunghissima carriera”.
– Due anni fa, più o meno di questi tempi, arrivava quella storica semifinale al Roland Garros di Parigi…
“Penso che nessuno potrà dimenticare la mia semifinale, quarant’anni dopo quella giocata da Corrado Barazzutti. Ma tutto il 2018 è stato da ricordare, con il primo mio successo in un torneo Atp, poi bissato con la vittoria a Umago e tanti altri buoni risultati che mi hanno portato a chiudere al ventesimo posto”.
E adesso, aspettando sempre la ripresa del circuito, inizia la sfida per il rilancio: “C’è ancora tanto da lavorare, ma sono convinto che si possa risalire in alto. Ecco, magari non so se riuscirò a centrare un’altra semifinale di un torneo del Grande slam, però intanto il primo obiettivo è tornare tra i top 50. Del resto anche Sartori é molto ambizioso e farà di tutto per riuscirci”.
– Come si trova ad allenarsi al CT Vicenza?
“Mi trovo bene anche se è tutto molto difficile e complicato in questo periodo. Ad esempio io vivo a Brescia e in questo periodo faccio avanti e indietro: per fortuna, almeno non c’è traffico e si tratta di un’ora di macchina. In ogni caso l’augurio è che si possa tornare quanto prima alla normalità”.
– Ad un ragazzo che sogna una carriera nel professionismo invece cosa consiglia?
“Il primo consiglio é di divertirsi finché può. La carriera del tennista é molto difficile, con tanti ostacoli da superare, perciò almeno fino ai 16-17 anni è meglio non viverla come un lavoro dove tra l’altro solo pochissimi riescono a sfondare.
Ad esempio io da ragazzino ho vinto poco: mi sono formato nella scuola del Tc Palermo 2 e, solo prima di diventare maggiorenne, ho deciso che questa sarebbe stata la mia carriera. Anzi, da piccolo giocavo nei pulcini del Palermo, come attaccante, e fino ai 12 anni ho praticato entrambi gli sport. Mi sarebbe piaciuto diventare un campione e oggi ho tanti amici calciatori. Io, pur essendo palermitano, tifo Milan avendo ereditato la passione da mio papà. E alla mia compagna dico sempre che nostro figlio, che nascerà a fine luglio, è meglio che scelga il pallone e non racchetta e pallina anche se poi naturalmente deciderà lui, crescendo, cosa fare”.
– Quanto è importante il ruolo della famiglia per un giovane tennista?
“E’ fondamentale: i miei genitori non mi hanno mai messo pressione e hanno lasciato che il tennis fosse per me un divertimento. Purtroppo, invece, molti si intromettono nel lavoro del maestro o del coach”.
– E la bravura di un maestro in cosa consiste?
“Nel curare tante piccole cose che poi si rivelano fondamentali. E poi il feeling che si crea tra maestro e allievo è importantissimo per lavorare bene ed ottenere i migliori risultati”.