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23 Novembre 2024
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TENNIS – Thomas Fabbiano e l’empatia con Sartori per la sfida dei… 100

Thomas Fabbiano in campo con Max Sartori
A Vicenza si torna a respirare l’aria del grande tennis.

Non più per il Challenger, il torneo internazionale che proprio in questo periodo era diventato l’appuntamento di richiamo per gli appassionati, bensì per i giocatori che hanno scelto di allenarsi nella nostra città. Il progetto, come abbiamo già avuto modo di raccontare, fa capo a Massimo Sartori, lo storico coach di Andreas Seppi, che ha deciso di ripartire da… casa.
E, dopo Marco Cecchinato, ecco che sui campi del Circolo Tennis Vicenza, dove ha stabilito la sua sede di allenamenti, ecco che è approdato anche Thomas Fabbiano, 31 anni compiuti lo scorso 26 maggio, già n. 70 nel mondo nel settembre 2017 e oggi 147 nella classifica Atp.
“Con Max ci siamo sentiti spesso durante il periodo della quarantena che ho trascorso a Sanremo – esordisce il tennista pugliese – In realtà già da un anno e mezzo era nata una sorta di collaborazione anche se io ero seguito da Federico Placidilli, un tecnico giovane. Di Sartori ho grande rispetto e stima per quello che è riuscito a fare in carriera, in particolare con Andreas Seppi, e sono sicuro che assieme lavoreremo bene”.
– Cosa le piace del suo nuovo coach?
“Si è già creata un’empatia molto forte e, soprattutto, Massimo riesce a mettermi in… ordine. Io, infatti, sono abbastanza confusionario nelle scelte in campo e nel pensare. Poi, stiamo lavorando sulla tecnica, per sistemare il mio rovescio, e sulla tattica: ero abituato a correre tanto in campo, però questo non mi aveva portato a grandissimi risultati, soprattutto quando affrontavo i giocatori più forti. Adesso, al contrario, sto imparando a far correre gli altri e questo può aiutarmi a fare il salto di qualità. L’obiettivo è rientrare tra i primi 100 anche per aver modo di avere la qualificazione per i tabelloni dei tornei del Grande slam”.
– Quest’anno però si è messo di mezzo anche il Coronavirus?
“L’augurio è che si possa riprendere quanto prima l’attività agonistica. In Italia adesso la situazione si sta un po’ alla volta normalizzando mentre la pandemia è ancora a livelli alti in tante altre parti del mondo”.
Fabbiano, come detto, ha trascorso il lockdown a Sanremo mentre ormai da tre settimane si è trasferito a Vicenza.
“In realtà ho avuto poco tempo libero – racconta – però ho fatto un primo giro in centro e mi sembra una città molto carina, a misura d’uomo. Anche al Ctv ho trovato un ambiente che mi piace, sono tutti estremamente disponibili, e si può lavorare nel migliore dei modi”.
– Un consiglio ai tanti ragazzini che sognano una carriera nel professionismo?
“Se davvero piace giocare, il tennis é uno sport meraviglioso e che ti insegna moltissimo. Ti dà soluzioni, ti fa imparare a pensare in fretta e a ragionare perchè in campo si é da soli e nessuno viene in soccorso. In questo senso ti aiuta a costruire una personalità e un carattere, che poi sono quelli che servono nella vita di tutti i giorni”.
Io da ragazzino ho vinto parecchio, già quando avevo 11-12 anni. E’ stato più complicato il passaggio nel circuito dei grandi perchè la concorrenza è agguerrita e di giocatori di alto livello ce ne sono davvero tanti”.
– Per diventare giocatore conta di più il talento oppure il lavoro?
“Il lavoro conta all’80% per diventare forte. Il resto, quel 20% che manca, è quel qualcosa che ti trasforma in un campione ed é in grado di fare la differenza”.
– Da ragazzo ha praticato altri sport?
“Facevo all’inizio anche calcetto e nuoto, poi ho dovuto fare delle scelte e ho continuato solo con il tennis”.
– Il ruolo della famiglia?
“I miei genitori sono sempre stati al mio fianco, mi hanno supportato ma senza interferire nelle scelte e, anche oggi, discutiamo assieme delle decisioni da prendere. Ecco, posso dire di essere stato fortunato a crescere in una famiglia con la cultura dello sport”.
– E la scuola?
“Il problema erano le assenze quando dovevo partecipare ai tornei. Così alle superiori, dopo tre anni di scuola pubblica, ho optato per quella privata. E’ vero che quando tornavo in classe riuscivo a recuperare, però mi è sembrata la scelta più rispettosa nei confronti dei miei compagni e degli insegnanti”.

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